venerdì 29 novembre 2013

La vera storia del mercenario italiano Tullio Moneta - di Giorgio Rapanelli

 



 
 
Molti anni fa noi maceratesi leggevamo su certe pubblicazioni che i mercenari in Congo si macchiavano di crimini verso le inermi popolazioni nere. Sapevamo che il nostro concittadino Tullio Moneta combatteva in Congo con i mercenari del Quinto Commando sudafricano.  Per molti di noi giovani maceratesi l’atletico Tullio Moneta era stato un mito. Le notizie degli eccidi ci riempivano di tristezza. Ma la Verità viene sempre prima della Bugia…
Nel 1966 andai  in Congo, portandomi dall’Italia il bagaglio di notizie che leggevo sulla stampa di Sinistra in merito ai Simba, definiti da “L’Unità” come “patrioti” che combattevano efficacemente con le armi fornite dalla Cina maoista e dai paesi dell’Est comunista i mercenari razzisti sudafricani, i quali,  foraggiati dai colonialisti belgi e dagli americani, stavano ammazzando coloni bianchi, missionari e suore, i quali – secondo il quotidiano comunista – erano difesi e rispettati invece dai  Simba… In Congo, avevo, però, saputo la verità sui Simba e sulle atrocità che commettevano sui bianchi e le popolazioni nere.  Ebbi pure la testimonianza di un missionario che i mercenari avevano salvato. Avevo cercato di incontrare Tullio a Leopoldville: mi dissero che il tenente Moneta stava combattendo a Stanleyville. Volevo raggiungerlo, per poi andare dai  guerriglieri sud sudanesi. Purtroppo,  le strade per Stanleyville erano state “tagliate” dai Simba. Mi limitai, quindi, a “girare” un documentario sui lebbrosi.
Leggemmo ancora di Tullio anni dopo: la stampa riportò il tentativo di golpe contro il governo filocomunista delle Seychelles da parte di un pugno di mercenari al comando di Tullio Moneta; tentativo fallito per la reazione dei soldati delle Seychelles che avevano respinto gli invasori bianchi, i quali fuggirono catturando un Boeing di linea e portandosi dietro un mercenario morto, figlio di un ricchissimo proprietario di miniere. Giunti in Sudafrica, Tullio e i suoi erano stati processati e condannati a diversi anni di prigionia. Sulla sorte di Tullio non seppi più nulla…
Nel 2012, un amico di Macerata mi telefonò per dirmi che Tullio voleva parlare con me, onde mettere in chiaro certe notizie “non vere” che avevo scritto su di lui in un mio reportage sul Sud Sudan, dove ero andato nel 1970 per filmare la guerriglia dei sud sudanesi, e pubblicato su Google nel sito “Treia on line”.  Rimasi sbalordito: non incontravo Tullio dal 1959 e lo credevo addirittura morto. Era invece in Italia per curarsi i postumi di una ferita d’arma da fuoco alla gamba. Aveva già rischiato di morire in Congo, straziato al ventre dallo scoppio di una mina cinese e miracolosamente salvato dalle suore belghe che egli aveva precedentemente salvato dai Simba. Tullio non aveva mai parlato della sua vicenda militare con un giornalista. Invece, Tullio raccontò a me - per la prima volta in vita sua - la sua esperienza di  mercenario in Congo, dei gradi militari conquistati in battaglia,  fino a quello di “maggiore”, con cui guidava i 250 soldati del Quinto Commando in assenza del Comandante. Raccontò la verità del tentato golpe alle Seychelles e dell’attività di “intelligence” per i servizi sudafricani e occidentali. Mi disse che in Congo i mercenari avevano vinto i Simba e fermato l’avanzata del marxismo verso le frontiere sudafricane e rodesiane solo grazie all’appoggio delle popolazioni nere, schierate con i mercenari, perché le salvavano dalle atrocità dei Simba. Per ristabilire la verità sulle vicende di Tullio, ho scritto insieme all’amico Ippolito Edmondo Ferrario la storia così come ce l’ha raccontata Tullio. Il libro, stampato dalla casa editrice “Lo Scarabeo” della Ritter Edizioni, verrà presentato in dicembre. Nel frattempo, un nostro comune amico ha realizzato per YouTube l’intera storia di Tullio Moneta, cliccando il link in calce riportato, e contenente pure un omaggio dagli USA al personaggio “Tullio Moneta”:
 
 Dal libro si può comprendere pure meglio la tragica situazione odierna dell’Africa Nera, in mano a despoti tribali, criminali e ladri,  andati al potere dopo aver avuto l’indipendenza dal colonialismo, concessa dalle potenze mondiali solo per sfruttare le immense ricchezze al posto dei colonialisti e gettando le popolazioni africane in mezzo a guerre e carestie. Questa è la causa della migrazione verso l’Italia.

Mercenario​. Dal Congo alle Seychelles​. La vera storia di "Chifambau​siku" Tullio Moneta.


Gentili Amici, sperando di fare cosa gradita, vi segnalo l’uscita di questo libro unico nel suo genere.

Distinti Saluti
Ippolito Edmondo Ferrario
 

 

Mercenario. Dal Congo alle Seychelles.
La vera storia di “Chifambausiku” Tullio Moneta
 
Di Giorgio Rapanelli e Ippolito Edmondo Ferrario Pag. 144 + 24 di foto b/n e colori
Euro 18,00

Edizioni Lo Scarabeo-Milano

 
Dalla quarta di copertina
 
Per quale motivo ho fatto il mercenario?
Non per denaro, poiché guadagnavo molto bene in un posto di responsabilità in una compagnia commerciale francese che operava in Africa occidentale. Dopo qualche anno d’Africa sarei stato trasferito a posti di maggiore responsabilità a Manchester, o a Parigi, o negli USA. E’ stato il mio destino a portarmi in Congo, addestrarmi militarmente con i parà belgi per assecondare il mio spirito di avventura?
Poi, iniziai a combattere con i mercenari. Li definisco così, e in tal maniera mi autodefinisco, solo perché è la definizione comune che ci danno giornalisti e storici, e che la gente conosce.
Il Quinto Commando, in cui ero inquadrato, era comandato da ufficiali britannici, rodesiani e sudafricani. Erano anglosassoni, e la disciplina militare era quella dell’esercito britannico: dura e spietata.
Dopo più di quarant’anni di assoluto silenzio Tullio Moneta, uno dei grandi protagonisti dell’epopea dei mercenari in Congo, torna a parlare di una delle pagine più controverse e dimenticate della storia africana del secolo passato. Divenuto mercenario quasi per caso, dimostratosi uno dei combattenti più capaci nel celebre Quinto Commando, quello dell’Oca Selvaggia, Tullio è stato anche attore in alcuni film d’azione, consulente militare e l’unico italiano tra gli organizzatori del tentato golpe alle isole Seychelles nel 1981. In queste pagine Tullio ripercorre con assoluta dovizia una storia di imprese e missioni militari che abbracciano un arco di tempo di quasi vent’anni.
 
Indice
Prefazione
Capitolo I
Una telefonata inaspettata
L’incontro con Tullio
L’adolescenza a Macerata
L’Africa si avvicina
L’avventura del Congo
Capitolo II
A scuola dai paracadutisti
L’eccidio degli aviatori italiani in Congo
Tullio diventa mercenario
Africa Addio
I mercenari italiani
Capitolo III
Jacopetti e Prosperi, tra realtà e finzione
Preda di guerra
La prima ferita     
La battaglia campale 
Mulele mai
I mercenari morti
Capitolo IV
Strategie di guerra
Finire i moribondi
La mitragliatrice antiaerea
La giustizia dei mercenari
Attacco ai villaggi dei Simba
Trappole con le bombe a mano
Capitolo V
Il pattugliamento
Chifambausiku
Bossoli roventi
Non uccidetemi, non uccidetemi!
Capitolo VI
Tullio ferito gravemente
Italiano fottuto
Mercenari e missionari
Miracolato
Convalescenza
Cacao esplosivo
Pigmei
Missione Bukavu- Aba-Faradje
Capitolo VII
Vivi e morti
Approvvigionamenti e acquartieramenti
Vermi da mangiare
La legge marziale
La routine del campo
Droga e alcol
Scazzottate tra mercenari
Animali da compagnia
Capitolo VIII
Tullio Moneta stende Tim Dreyer
I due “marmoset”
l generale Kakji
Verso Stanleyville
I Simba migliorano
Quando il Karma si compie
Tullio mitragliato
La bicicletta
Capitolo IX
Un piede in formalina
Orecchie commestibili
Mercenari in pantofole
Caccia ai mercenari
Capitolo X
Cinema, operazioni di intelligence e Biafra
I Quattro dell’Oca Selvaggia
L’abbraccio del leone
La grande passione della sua vita
Teatro e letteratura
Capitolo XI
Attacco alle Seychelles
Evoluzione del golpe
Il sospetto
Lavoro di intelligence
25 novembre 1981
Dove andare?
Si decolla
Arresto e condanna
Capitolo XII
Allegria e botte da orbi
Ciack, si gira
Ho conosciuto John Garang
Non è Tullio Moneta!
Nelson Mandela
L’unica volta che Tullio  parlò con i giornalisti
Capitolo XIII
Un colpo di fucile
Il ritorno a casa
I mercenari mi hanno salvato
Amici per la pelle
Azione e adrenalina
Postfazione di Tullio Moneta
Bibliografia

 

I giornalisti che desiderassero ricevere copia per la recensione possono contattare:
Edizioni Ritter, via Maiocchi 28, 20129 Milano
Tel.02 201310
 
 

Note Biografiche Autori
Giorgio Rapanelli, classe 1939, è nato a Corridonia (Macerata), paese natale del sindacalista rivoluzionario Filippo Corridoni, morto nel 1915 durante la Grande Guerra. E’ stato iscritto al PCI e fu tra i fondatori dei Verdi nella provincia di Macerata. Interessato da sempre ai problemi del Terzo Mondo, nel 1966 girò in Congo un documentario su lebbra e denutrizione, durante la rivolta dei Simba.  Si rese subito conto che concedere l’indipendenza dal colonialismo alle popolazioni tribali africane impreparate a gestire il potere in forme politiche di stampo democratico occidentale era stato un crimine. Dal 1967 sostenne attivamente la causa dei sud sudanesi massacrati dal governo di Karthoum e diventando rappresentante in Italia dell’Azania Liberation Front (ALF) per volere dell’allora Presidente Joseph Oduho. Nel 1970 fu con i guerriglieri “anya-nya” del Southern Sudan Liberation Front del colonnello Joseph Lagu.

 
Ippolito Edmondo Ferrario, milanese, classe 1976, è stato giornalista per il Secolo d’Italia, ed è autore di numerosi saggi e romanzi editi da Mursia, Frilli Editori, Castelvecchi e Newton Compton. Sullo stesso argomento ha pubblicato Mercenari. Gli italiani in Congo, 1960, Mursia. Nel 2004 ha ricevuto la Cittadinanza Onoraria del Comune di Triora, il celebre “paese delle streghe” in provincia di Imperia, per i suoi studi sul folklore locale. Il suo sito è www.ippolitoedmondoferrario.it
 

martedì 19 novembre 2013

Manifestazione patriottica a Roma


"Quando vincemmo gli inglesi sul mare" di Orazio Ferrara

 

Quando vincemmo gli inglesi sul mare

 
 
Continuano le pubblicazioni di studi storico-militari di Orazio Ferrara. Questa volta è la prestigiosa collana di studi militari “War Set Battaglie” dell’Editore Delta di Parma, una delle maggiori case editrici specializzate sull’argomento, a proporci l’ultimo lavoro di Ferrara. Si tratta del libro  “Battaglia aeronavale di Mezzo Giugno / quando vincemmo gli inglesi”, sentiamo al riguardo l’Autore nel suo capitolo iniziale “Una vittoria oscurata”:

“Fu forse la più bella e limpida vittoria della nostra guerra a mare nel secondo conflitto mondiale. Ci riferiamo alla grande battaglia aeronavale di Mezzo Giugno, svoltasi in Mediterraneo dal 12 al 16 giugno 1942 tra la Regia Marina italiana e la Royal Navy britannica, appoggiate ambedue dalle rispettive aeronautiche, che intervennero con notevoli masse d’aerei nelle diverse fasi dello scontro. Il considerevole numero di mezzi impiegati dai due contendenti e i diversi giorni, che durarono i combattimenti, rivelano subito che siamo veramente in presenza di una grande battaglia. In quello scacchiere di guerra gli inglesi mossero in totale più di cento unità navali con la copertura degli aerei di due portaerei e delle basi aeree, poste in Egitto e in Malta, a fronte di cinquanta unità navali degli italiani e di circa cinquecento velivoli della Regia Aeronautica italiana e della Luftwaffe tedesca. Furono dunque decine di migliaia i combattenti che vi parteciparono.

Eppure… eppure questa limpida vittoria delle armi italiane contro quelle inglesi rimane stranamente a tutt’oggi ancora misconosciuta ai più. Poche e sommarie (se non monche) notizie, quando vi sono, nei libri di testo. Eppure in quei giorni, ormai lontani, gli italiani dimostrarono al mondo che non erano affatto “inadatti al combattimento” come aveva detto malevolmente il solito supponente generale inglese. A dispetto di quest’ultimo, essi dimostrarono combattività e aggressività, ma soprattutto seppero vincere alla grande. Già gli inglesi con la loro grande e formidabile Royal Navy, a cui tanto di cappello per essere all’epoca senz’altro la migliore marina da guerra del mondo,  ma che purtroppo non poche volte hanno mostrato una piccineria incredibile nello sminuire i nostri successi in campo militare. E’ il caso appunto della battaglia di Mezzo Giugno 1942.

Cominciarono già con il nome. Gli storici inglesi, nella stragrande maggioranza, non hanno mai usato il termine di battaglia di Mezzo Giugno, ma sempre hanno trattato separatamente dell’Operazione Harpoon e dell’Operazione Vigorous, come se si fosse trattato di due ben distinte battaglie. In realtà se tatticamente vi furono effettivamente due diversi scontri ad occidente e ad oriente nel bacino del Mediterraneo, strategicamente si trattò di un’unica grande battaglia aeronavale per la contemporaneità degli eventi nello stesso teatro di guerra, ma soprattutto per il coordinato contrasto all’unico vero obiettivo strategico degli inglesi, che era quello di rifornire con due diversi e simultanei convogli,  partiti da Gibilterra e Alessandria d’Egitto, l’isola di Malta ridotta ormai allo stremo dagli incessanti attacchi aerei dell’Asse.

Parlando e trattando separatamente dell’Operazione Harpoon e dell’Operazione Vigorous  si finisce quindi col sminuire, spezzettandolo, la portata del successo di Supermarina nei confronti dell’ammiragliato britannico. Successo notevole se visto nella sua interezza, sia per la vastità dello scacchiere operativo, praticamente l’intero Mediterraneo, sia per il coordinamento in mare di tante unità navali, sia per il perfetto sincronismo con la Regia Aeronautica e con la Luftwaffe, operanti da basi diverse e a volte lontanissime. Muovere bene e portare al successo un così articolato complesso militare non è cosa da poco. Se poi si considerano che l’avversario, che si aveva di fronte, era la scaltra ed efficiente Royal Navy, il successo si può definire davvero brillante, anche per l’entità rilevante delle perdite subite dagli inglesi, tale da passare negli annali della storia della marineria di ogni tempo“.

 

Orazio Ferrara - Battaglia aeronavale di Mezzo Giugno / quando vincemmo gli inglesi - Parma, Delta Editrice, 2013;

DELTA EDITRICE B.go Regale, 21 - 43121 PARMA (Italia);

email: deltaed@iol.it  tel.0521.287883 - fax 0521.237546

 

venerdì 15 novembre 2013

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARDITI d'ITALIA - ANAI

 

http://arditiditalia.com/

Chi siamo

A cura  del Pres. Naz. Pierpaolo Silvestri
  
Dopo la fine del I° conflitto mondiale, il I° gennaio 1919 viene fondata a Roma l’Associazione fra gli Arditi di Guerra, dal Tenente del XVIII Reparto d’Assalto, Mario Carli e, il giorno 19 gennaio a Milano, il Capitano degli Arditi Ferruccio Vecchi, del XXX Reparto d’Assalto, fonda la stessa associazione con Filippo Tommaso Martinetti, presso l’abitazione di quest’ultimo, sita in corso Venezia, 61. (L’Associazione era aperta ogni giorno dalle 15 alle 17).
 
Nel 1920 l’Associazione, gran parte subordinata a Gabriele d’Annunzio si assottiglia sensibilmente, quasi a scomparire. Subentra a Milano la sigla A.N.A.I. (Associazione Nazionale Arditi d’Italia) e per la prima volta si legge la scritta “nazionale”. Con lo statuto del 21 novembre 1920 riprende appieno l’attività, tanto che al I° Congresso Nazionale A.N.A.I., tenutosi a Milano, il Presidente Coletti annuncia pubblicamente la costituzione di 57 Reparti e di 20 in via di definizione.
 
L’Associazione, nel tempo, cambia diverse volte sigla, fino a che il Maggiore Alessandro PARISI, sul finire degli anni ’30, lo tramuta in Comando Reparti Arditi d’Italia (C.R.A.I.). Con tale denominazione rimane in vita fino al 2 agosto 1943, che con decreto legge 704. art. 2. G.U. 5.8.1943. n° 180, viene posta unitamente ad altre istituzioni combattentistiche, alla dipendenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il C.R.A.I. ricompare alla fine del 1943 per poi scomparire definitivamente il 25 aprile 1945.
 
Già nel 1943 il C.R.A.I. subisce la spoliazione di ogni suo bene e dei cimeli che costituiscono la testimonianza storica. La sede nazionale che si trova a Roma nella Torre dei Conti, in via dell’Impero, viene definitivamente chiusa. Per la nuova repubblica gli Arditi devono scomparire dalla storia, ma nel 1947, esattamente il 15 aprile, risorge a Roma e a Milano ad opera del Capitano Vittorio AMBROSINI e del Capitano Gianni CORDARA, assumendo la nuova denominazione di A.N.A.I.
 
Al Capitano Ambrosini, si avvicendarono alla Presidenza Nazionale il Colonnello Antonio FESTI, Giuseppe ALESSI, il Generale Arconvaldo BONACORSI, la M.O.V.M. Antonio SCIORILLI e infine il Maggiore Eugenio GRANDE, che era stato per tanti anni il Segretario Generale. Segue il comando al Capitano Gianni Cordara e alla di lui morte la Presidenza Nazionale viene affidata al Comandante Enzo Rancan. Per ultimo, e tutt’ora in carica, è Presidente Pierpaolo Silvestri.
 
Dal 1974 la sede nazionale si trova a Milano, dove col alterne vicende l’Associazione è vitale.
 
Oggi, l’A.N.A.I. pubblica, per soci e simpatizzanti, il trimestrale “L’Ardito”, fondato da Guido Carli e Ferruccio Vecchi nel 1919, indice conferenze, partecipa a manifestazioni pubbliche, ricorda con celebrazioni i Caduti e i Martiri di guerra, recluta nuovi iscritti, soprattutto giovani onde tramandare la sua storia e quella d’Italia.
 
All’A.N.A.I., resta a buon diritto, rivendicare l’assoluta priorità in campo nazionale, essendo indiscutibilmente l’erede diretta e ideologica, nonché l’ideale continuatrice di quel “GRUPPO ARDITI DI GUERRA” fondato nel 1919 dal Capitano Ferruccio Vecchi, con la sola interruzione dovuta a cause belliche, dal 25 aprile 1945 al 15 aprile 1947.

martedì 5 novembre 2013

"Memorie di Guerra" di Orazio Ferrara


 
“Memorie di guerra / testimonianze, diari e lettere degli italiani con le stellette” un libro di Orazio Ferrara

“…e le stellette che noi portiamo / son disciplina di noi soldà…”, così un vecchio e triste canto di marcia dei soldati italiani nell’appena trascorso secolo. E in nome di quella disciplina i nostri connazionali con le stellette si sacrificarono, silenziosamente e spesso con onore, a centinaia di migliaia nel corso delle guerre che squassarono tutto il Novecento.

La prima guerra mondiale, quella del ’15 – ’18, detta la Grande Guerra forse per l’immane ecatombe di giovani vite spezzate, che mostrò subito il suo vero volto terribile e disumano a beffa delle oleografiche partenze dal sapore vagamente risorgimentale, avvenute tra bandiere sventolanti e lanci di fiori odoranti. Gli italiani, come i combattenti di tutte le altre nazionalità, furono immediatamente catapultati in un vero e proprio orrorifico inferno, che aveva per gironi le trincee rese fangose e viscide dal sangue dei troppi camerati e nemici uccisi. E la seconda guerra mondiale con i suoi trenta gradi e oltre sottozero sul fronte del Don e le aride sabbie infuocate del deserto africano di El Alamein e i giorni tragici e oscuri dell’8 settembre 1943, in cui veramente la Patria sembrò morta.

Le testimonianze, i diari e le lettere di questo libro raccontano di quelle epoche, di quei giorni da tregenda. Gli scritti ci restituiscono intatti i “sapori” e le atmosfere di quei tempi ormai lontani, che sembrano distanti anni-luce dal nostro vivere di ogni giorno, di quando gli italiani con le stellette erano immersi nei quotidiani drammi che ogni guerra immancabilmente porta con sé. Certo, piccoli tasselli di storia,  a volte forse insignificanti, ma di tanti piccoli tasselli “a volte insignificanti” è formata la grande Storia, quella che poi si studia a scuola sui libri di testo. E allora i morti diventano numeri, soltanto numeri. Come quelli del 18 ottobre e 10 novembre 1915, rispettivamente 3a e 4a battaglia dell'Isonzo. Perdite complessive degli italiani circa 116.000 combattenti contro 70.000 austriaci. Montagne di cadaveri per insignificanti spostamenti fronte. Già la fanteria della Grande Guerra. Soltanto carne da cannone, per i generali. E dietro ogni numero c’era invece un uomo con la sua storia, con i suoi amori, con le sue speranze.

E di fronte a tanti orrori spesso la baionetta, il fucile, il cannone non bastava e non restava che affidarsi a Dio, alla Madonna e ai Santi. Come quel fante della ferrea Brigata Catanzaro, dissanguata in tanti combattimenti e sempre ricostituita, che annotava : “ … porto sempre con me un piccolo Crocifisso attaccato al polso della mano destra che mi ha conservato finora la vita…”. E ancora: “Oh beata Vergine del Carmelo, ricordatevi di me… Per questo benedetto abitino che porto sul petto…”. O quel sergente artigliere sul  fronte russo del ’42 che scriveva “ mi trovavo distaccato dalla Batteria con le macchine cariche di munizioni ci scoppiarono le granate nemiche, per cui sempre grazie al nostro Signore Iddio . Ma anche a casa alle donne, madri, mogli, sorelle, figlie non restava che rivolgersi al cielo. Nel Napoletano esse intonavano un melodioso e struggente canto con cui si rivolgevano così alla Madonna … e frate nuoste songhe ‘e surdate / pe stu Bambino ca tiene ‘mbraccio / fance grazia, oj Marò…”.

E non sempre c’era la “grazia” ed allora si moriva, con gli occhi rivolti al cielo e alla casa e ai cari lontani, immersi nelle trincee fangose o in una coltre ghiacciata di neve o nelle sabbie africane, sempre avide di sangue, o negli abissi del mare con la propria nave spezzata in due, sempre in silenziosa obbedienza di quelle benedette stellette che erano “disciplina di noi soldà…”.

Alla memoria di quanti dei Nostri nel corso del Novecento partirono un giorno con le stellette… e non più tornarono alle case, alle donne, agli affetti, questo libro è dedicato.

 

Orazio Ferrara - Memorie di guerra / testimonianze, diari e lettere degli italiani con le stellette - IBN Editore, Roma, 2013

176 pp., con numerose foto, € 16

IBN Editore, Via dei Marsi, 57 - 00185 Roma, Tel & Fax: 0039 06 4452275 - 0039 06 4469828 - e-mail: info@ibneditore.it

 

"Mercenario" di Ippolito Edmondo Ferrario



Cari Amici, è con orgoglio e soddisfazione che vi segnalo questi tre brevi filmati pubblicati su YouTube che anticipano un libro che mi sta molto a cuore e che uscirà a dicembre 2013 per le Edizioni Lo Scarabeo-Ritter di Milano.
Si tratta della biografia di un personaggio straordinario, un uomo d'azione, la cui storia è un qualcosa di unico nel suo genere.
Si tratta di Tullio Moneta, già mercenario in Congo presso il Quinto Commando inglese, poi attore in film western e d'azione (fu anche consulente per il celebre film "I Quattro dell'Oca Selvaggia") e infine ideatore del tentato Golpe alle Isole Seychelles nel 1981 insieme al suo comandante inglese "Mad" Mike Hoare.
http://www.youtube.com/watch?v=wOOU1aoFnGY
http://www.youtube.com/watch?v=cmEwxyfqMhQ
http://www.youtube.com/watch?v=TIEXTkajMR0

Buona visione.
Un caro saluto


Ippolito Edmondo Ferrario

lunedì 4 novembre 2013

Ciao SERGIO !

 
Grande e commossa partecipazione, oggi, al funerale di Sergio Spinelli a Milano. Presente la Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, con il suo glorioso labaro ed il suo presidente, Comandante Armando Santoro. La vedova, Donna Grazia e la famiglia ringraziano di cuore tutti i camerati presenti: oltre, naturalmente, a Destra per Milano, anche i rappresentanti ufficiali di Lealtà e Azione, Fiamma Tricolore e La Destra, e gli ex colleghi consiglieri di zona del MSI e di AN.

sabato 2 novembre 2013

Lunedì 4 ore 14.45: funerale di Sergio Spinelli.

 
Il funerale del Camerata SERGIO SPINELLI si terrà lunedì prossimo, 4 novembre (Anniversario della Vittoria), alle ore 14.45, nella Cappella dell'Ospedale San Giuseppe in Via San Vittore a Milano (zona e metropolitana linea 2 verde Sant'Ambrogio). Interverranno le gloriose nostre associazioni combattentistiche e d'arma con labari e bandiere della RSI.