giovedì 26 luglio 2012

Arditi nella Repubblica Sociale Italiana.

Storia degli Arditi d'Italia.

Breve storia degli Arditi e dei Reparti d’assalto italiani nella Grande Guerra di Andrea Carlucci Io li vidi dunque per la prima volta una notte del settembre 1917, sul San Gabriele. Fiamme al bavero, giubba aperta, maglione col teschio, tascone pieno di petardi, un pugnaletto affilato, un piccolo corpo muscoloso di belva, due occhi neri e decisi, poche parole. …quello stuolo di demoni scatenati, fieri ed intrepidi, che venivano ad assaltare il truce nemico nei suoi insidiosi rifugi-labirinti, fece l’effetto di una ventata di liberazione: … …. Il loro assalto fu breve, improvviso, silenzioso, velocissimo. Senza fuoco d’artiglieria, senza allarmi, dopo un rapido scambio di ordini a bassa voce, come un gruppo di congiurati densi di distruzione, ognuno mosse alla sua meta; strisciò, balzo, colpì con una fulmineità, che non fece udire neppure il gemito delle vittime. Poi, nel mattino pallidissimo, insonne, febbrile, davanti alle caverne del “fortino” in cui era annidata una resistenza infernale, guizzarono i mostruosi lanciafiamme, irresistibili serpenti incandescenti che raggiungevano il nemico nei suoi recessi gli impedivano di usare le sue armi. L’azione degli arditi aveva del miracoloso, per la precisione, il silenzio, la sicurezza con cui era condotta. Non uno restava indietro. Il comandante (sempre un bel tipo di scavezzacollo) in testa, poteva avanzare tranquillo, perché i suoi uomini lo seguivano tutti, con una meccanica infallibile in cui ognuno era assegnato il suo piccolo settore di lotta, il suo austriaco da colpire. E l’azione riusciva sempre, alla perfezione. (tratto da ARDITISMO, Roma 1929) Esploratori e tagliafili Nel 1914, nell’ottica dell’adeguamento alle nuove dottrine belliche sviluppatesi a partire dalle campagne coloniali, furono creati in ogni reggimento della regia fanteria dei reparti di Esploratori, destinati a compiere azioni di sorpresa contro gli avamposti e dietro le prime linee del nemico, Ma la guerra di trincea stravolse il concetto bellico della guerra di manovra e schieramento in campo aperto ed i reticolati posti a protezione delle posizioni avversarie, imposero la creazione di reparti organizzati in piccole squadre di guastatori, che si avventuravano nella terra di nessuno i cosiddetti Tagliafili (con riferimento al filo spinato) equipaggiati con elmi d’acciaio e corazze a piastre mod. Farina, Corsi, Orfei, ecc., scudi mod Masera, Degree, ecc., pinze e cesoie (di tutti i tipi), stivaloni in gomma o cuoio, guanti di pelle e ginocchiere metalliche. Sotto l’equipaggiamento era indossata l’uniforme del reparto di appartenenza integrata dalla cuffia protettiva indossata sotto all’elmo mod. Farina o da un passamontagna utilizzato come imbottitura stessa, che dava loro l’aspetto di antichi guerrieri: tali reparti ebbero il nome di Volontari Esploratori o comunemente di Compagnie della Morte forse, secondo alcuni, in riferimento ai cavalieri medievali di Alberto da Giussano contrassegnati da un arme con teschio e tibie su campo nero che si erano distinti a Legnano contro il Barbarossa (1). Il soldato ardito Per premiare coloro che si fossero maggiormente distinti per decisione e per coraggio in azione sin dai primi mesi di guerra, il Comando Supremo aveva prescritto ai reggimenti di conferire la qualifica onorifica di Ardito per riunirli all’occorrenza in plotoni speciali, Le prime compagnie di Arditi dunque si costituirono spontaneamente, quando la tattica stava ricercando il modo con cui uscire dalla stasi sanguinosa della guerra di posizione, molto prima che l’avversario austroungarico su imitazione tedesca concepisse le sopravvalutate Stosstrupp. Così, a mano a mano che si svolgevano le azioni e avvenivano gli episodi nei quali i soldati potevano distinguersi, offrendosi volontari per porre tubi di gelatina o ca.tu.gel nei reticolati avversari, per far parte di pattuglie di ricognizione nella terra di nessuno, per partecipare a qualche audace colpo di mano nelle trincee nemiche. Ciascuno dei nostri reggimenti poté ben presto fare assegnamento su un nucleo sempre più numeroso di soldati Arditi. I reparti di assalto Nell’ottobre 1915, su autorizzazione del Comando Supremo, il Capitano Cristoforo Baseggio costituì sotto il suo comando, in Trentino, nella Valle Sugana, presso Strigno, una compagnia autonoma di Esploratori Arditi, formata da uomini di diversa estrazione,da tutte le regioni d’Italia, in una specie di formazione di volontari di ogni età ed ogni arma legati da spirito volontaristico di stampo risorgimentale L’unità ebbe una forza complessiva di 13 ufficiali, 450 militari di truppa e 120 conducenti e si distinse subito in diverse operazioni di pattugliamento e in colpi di mano come in quello attuato a Sant’Osvaldo, il 6 aprile 1917, dove si lasciaro sul campo 190 avversari caduti. Ma la costituzione effettiva della nuova Specialità della Fanteria italiana è rappresentata dalla Circolare del Comando Supremo datata 14 marzo 1917, nella quale si illustrano le caratteristiche delle Stosstrupp austro-ungariche al fine di stimolare la nascita di analoghe unità in campo italiano, ma va sottolineato che i Reparti d’assalto che da allora iniziarono a nascere avevano caratteristiche di indubbia originalità, infatti i Reparti d’assalto nacquero e si svilupparono come corpo a sé stante, differenziato dalla Fanteria, caratterizzandosi da uno spirito di corpo elevatissimo che ne esaltava le possibilità di sfruttamento. Diversamente i cosidetti Arditi reggimentali si potevano raffrontare alle Sturmtruppen come impostazione generale ovvero come unità d’urto interna combattenti del reparto di appartenenza. Truppe con le quali ovviare all’insufficiente addestramento della massa nei momenti critici del combattimento, ma prive del ruolo autonomo tipico dei Reparti d’assalto. L’uniforme di questo nuovo combattente era costituita da giubba aperta da bersagliere ciclista, con fiamme nere sul bavero e maglione grigio verde (o di colore nero) a collo rovesciato al posto del colletto chiuso (poi sostituito da una camicia di flanella col colletto rovesciato), fez come quello dei bersaglieri a fiocco breve e di colore nero e pantaloni per truppe alpine mod.1909, fasce mollettiere frequentemente sostituita da calze di lana; mentre l’equipaggiamento era rappresentato da: elmetto, giberne, mantellina e tascapane. Il distintivo della specialità veniva applicato secondo il regolamento al braccio sinistro della giacca ma metà tra la spalla ed il gomito. In alcuni casi si rileva la posizione sul braccio destro o addirittura sul copricapo. Si trattava di un filo nero su stoffa grigioverde composto da un gladio romano munito di un pomo a testa di leone con il motto sabaudo FERT sull’elsa il tutto coronato entro un serto d’alloro e quercia. Le armi di elezione degli Arditi per il combattimento ravvicinato furono rappresentate dal pugnale e dal petardo Thevenot. Quest’ultimo fu scelto dal Bassi perché era una bomba a mano dal limitato effetto di frammentazione ma dal forte scoppio, ideale per l’uso in attacco perché limitava i rischi per l’assaltatore ma provocava panico e scompiglio sul bersaglio. Inoltre venivano introdotte nei reparti (oltre a pistole, fucili, mitragliatrici e bombe a mano già in uso presso la nostra fanteria) anche rilevanti aliquote di pistole mitragliatrici (modello Fiat Revelli), lanciatorpedini modello Bettica (successivamente sostituiti dai più moderni ma pesanti Stokes), lanciafiamme; nonchè camion (i famosi 18 BL Fiat e modelli simili) per il trasporto delle truppe direttamente sul campo di battaglia. In seguito succederà che, formandosi reparti d’assalto solo con elementi provenienti dalla specialità, bersaglieri o alpini, questi manterranno le mostrine originarie, cremisi i primi e verdi i secondi, avendo come nuove definizioni rispettivamente quella di fiamme cremisi o fiamme verdi. Con una circolare del 26 giugno 1917 il Comando Supremo dispose la formazione di "reparti d’assalto" nell’ambito di ognuna delle Armate. La prima a dare riscontro a tale ordine fu la 2^ Armata del Generale Capello, sotto la spinta propulsiva del Generale Grazioli, Comandante della Brigata Lambro, e del Tenente Colonnello Giuseppe Alberto Bassi, Comandante di un battaglione di fanteria che si era già distinto nella ricerca e sperimentazione di nuove tecniche di combattimento. Quest’ultimo, costituì, a Russig, nelle retrovie di Gorizia, una compagnia speciale che nel corso di una dimostrazione ottenne l’ammirato plauso del Generale Capello stesso. Successivamente, dopo una serie di ricognizioni, fu individuata una nuova sede per l’unità, sulla riva destra del Natisone, qui a Sdricca di Manzano, presso Udine il 29 Luglio 1917 nacquero ufficialmente gli Arditi. Il Capitano Cristoforo Baseggio riuscì, grazie all’appoggio dello Stato Maggiore, a creare una Compagnia che fu chiamata: “Compagnia Esploratori Volontari Baseggio” che è da considerarsi ufficialmente il primo Reparto Autonomo di Arditi di Guerra. Forte di tredici ufficiali, quattrocento graduati e militari di truppa, dotati di due sezioni di mitragliatrici e tatticamente alla diretta dipendenza del Comando di Corpo d’Armata. Successivamente, quegli uomini che si gettavano nella battaglia con un ardimento da lasciare sbigottiti, furono chiamati Arditi o anche Fiamme Nere (dalle mostrine che portavano sul bavero della divisa). Le nuove Compagnie della Morte ovvero i reparti d’assalto, attraverso la simbologia della morte (il teschio) condivisa tra l’altro dagli assaltatori austro-ungarici e delle virtù militari romane (il gladio coronato dai serti di fronde) presenti sui fregi e sulle insegne dei reparti. Fu a Manzano, presso cui era possibile dare il massimo realismo agli addestramenti, che il I° Reparto d’assalto ottenne il battesimo ufficiale il 29 luglio del 1917, alla presenza del Re (la data rimase a celebrare la nascita del Corpo). A Sdricca di Manzano, fu quindi la "culla" della nuova Specialità, l’addestramento era condotto con serietà e spregiudicatezza: molta ginnastica, lotta corpo a corpo con armi e senza, lezioni di lancio di bombe a mano e tiri con fucile, lanciabombe, lanciafiamme e mitragliatrice. L’iter addestrativo culminava con l’assalto ad una collina tipo, che gli Arditi dovevano realisticamente assaltare sotto il fuoco di mitragliatrici e cannoni. La fama di maestria nell’uso di queste armi, concepite e sviluppate per violente azioni a contatto, conferirono agli Arditi una temuta fama presso le fanterie nemiche, che li temevano più di ogni altro tipo di unità del nostro esercito. In un secondo, tempo i Reparti d’Assalto ormai inquadrati, dal 10 Giugno del 1918 con nove battaglioni nella Prima Divisione d’Assalto e il 27 Giugno con la Seconda Divisione d’Assalto, erano impiegati nelle azioni più rischiose. Furono in ogni modo i primi a rivoluzionare e a rendere più elastico il concetto della disciplina, soprattutto in funzione del conseguimento di determinati obiettivi e scopi tattici. Un ulteriore motivo di decisiva differenziazione dalle altre Specialità fu costituito dal livello di motivazione che gli Arditi dovevano esprimere fin dalla loro entrata nel Corpo in quanto il passaggio ai battaglioni d’assalto non poteva avvenire che dietro presentazione di esplicita domanda dell’interessato e una volta accertata l’idoneità del militare, a seguito di un periodo di prova. E’ significativo osservare lo spirito di corpo che venne così a crearsi generava nell’animo del combattente, il superamento della paura e dell’esitazione sul campo di battaglia, rendendo l’unità di appartenenza un’entità compatta e flessibile. Tale spirito di corpo fu spesso motivo di sospetto ed invidia da parte degli estranei alla specialità. I reparti d’assalto furono creati non a integrazione della Fanteria (a differenza di quanto avveniva nelle unità avversarie), della quale si percepiva un insufficiente livello addestrativo nonostante l’impareggiabili prestazioni, quanto in marcata contrapposizione al normale combattente. Pertanto, fu curata la nascita di uno specifico spirito di corpo che sottolineasse l’idoneità degli Arditi ad assolvere ai più difficili compiti della guerra di trincea, offrendo un modello positivo ed attivo di combattente, da contrapporre alla mentalità passiva tipica della guerra di posizione che si era affermata. Per marcare inequivocabilmente tale differenza, agli Arditi furono riservati un diverso trattamento ed anche una diversa divisa. Gli Arditi, infatti, furono esentati dai turni in trincea, ebbero migliore vitto ed alloggio, un soprassoldo e, soprattutto, un regime disciplinare meno rigido e formale. Dopo la cosiddetta disfatta di Caporetto, la disciplina era allentata anche tra gli Ufficiali e le dotazioni dell’unità erano scarse. Anche sotto il profilo addestrativo la situazione lasciava a desiderare e vi era una marcata carenza di personale. A febbraio, il comando fu assegnato ad un giovane ed energico Ufficiale il maggiore Messe, che rilanciò l’addestramento e ripianò le carenze logistiche. Reimpostò l’addestramento sulla base delle esperienze di Sdricca, mediante molta ginnastica, esercitazioni di tiro ripetute e frequenti, esercitazioni a fuoco con assalti sotto il cosiddetto arco delle traiettorie di tiro. Tale ritmo addestrativo, che provocò un morto, ottenne i risultati voluti, caratterizzando il reparto per una sagace disciplina all’italiana, quasi completamente basata sulla stima e l’affetto per il superiore. Tale reparto cambiò numerazione e, abbandonato il VI, diede vita al IX Reparto d’Assalto che si copri successivamente di gloria sul Grappa nel 1918. I "caimani del Piave" ed il loro addestramento Gli atti di eroismo di cui furono protagonisti gli Arditi sono innumerevoli e nella maggior parte leggendari. Sono famosi gli episodi di Arditi (i leggendari Caimani del Piave) che varcarono il Piave a nuoto per andare a neutralizzare gli avamposti nemici sulla sponda opposta, vestiti dei soli calzoncini da bagno, per permettere ad ognuno la maggiore libertà di movimento possibile…… Per la loro formazione al corpo a corpo qualcuno deve essersi ricordato di militari della Marina già destinati in Estremo Oriente negli anni dell’inizio secolo, qualificati esperti di jujutsu o judo, e alcuni di questi, secondo quanto il Comandante dei Caimani Vittorio Tur raccontava agli allievi delle Scuole di Pola nel 1928, dovevano essere stati utilizzati per il particolare addestramento che veniva impartito ai "caimani". Il nipote di uno di essi, Elio Dessì di Guspini (CA), che ne ha raccolto la testimonianza, ci ha confermato l’effettiva presenza sulla linea del Piave di tali uomini, che armati di solo coltello raggiungevano la sponda avversaria per neutralizzare le postazioni di mitragliatrice: per tali azioni i soldati in particolare quelli di origine sarda, non preferivano utilizzare il pugnale di dotazione essendo difficile aggredire l’avversario alla gola (causa il colletto di stampo ottocentesco dell’uniforme austriaca) pertanto venivano utilizzati modelli regionali (in questo caso il Pattada) che per la forma acuminata che permetteva un efficace risultato nella penetrazione del collo dell’avversario. Sempre seconda testimonianza il soprannome dell’unità deriverebbe dalla tecnica di nuoto adottata ed ispirata agli alligatori ovvero esponendo dall’acqua, solamente la testa al di sopra delle narici. Questo per i precursori dei nostri reparti nuotatori. Una testimonianza assai significativa. Ernest Heminguay volontario ambulanziere del battaglione dei poeti li conobbe molto bene e ne cantò le gesta in un racconto a lungo rimasto inedito. Il prof. Cecchin nella sua lunga ricerca sull’opera dello scrittore legata alla Grande Guerra ha raccolto la testimonianza di reduci di reparti americani che affermavano che nella seconda guerra mondiale i metodi di addestramento dei marines erano stati tratti direttamente dai manuali di addestramento degli arditi: infatti fu il XXIII° Reparto d’assalto fiamme cremisi, che aveva addestrato il contingente presente in Italia nel 1918. Il dopoguerra: Con Decreto del 5 giugno 1920 (Senza Numero), Vittorio Emanuele III concesse la Croce di Cavaliere dell’ORDINE MILITARE DI SAVOIA all’Arma di Fanteria. In applicazione del citato Decreto il Re autorizzò diversi reggimenti a fregiare delle relative insegne i rispettivi labari e bandiere, tra cui il XXIII° Reparto d’Assalto per sé e per tutti gli altri reparti d’assalto. Coloro che appartennero alla specialità dal 1917 (anno della fondazione dei Reparti d’Assalto) costituirono la F.N.A.I. (Federazione Nazionale Arditi d’Italia) costituta dopo lo scioglimento dei Reparti d’Assalto (1920), voluta essenzialmente per motivi di politica interna al Regio Esercito, episodio destinato a ripetersi anche nell’immediato secondo dopoguerra.

Arditi a Predappio con l'Aquila Romana.

L'ANAI ricorda l'ardito Ettore Muti.

lunedì 23 luglio 2012

Canto degli Arditi.

CANTO DEGLI ARDITI
Mamma non piangere, c'è l'avanzata, tuo figlio è forte, su in alto il cuor. Asciuga il pianto della fidanzata, che nell'assalto, si vince o si muor. Avanti, Ardito! le FIAMME NERE son come il simbolo delle tue schiere, scavalca i monti, divora il piano, pugnal fra i denti, le bombe a mano!... L'ardito è bello, l'ardito è forte ama le donne e beve il buon vin; per le sue fiamme color di morte trema il nemico quando è vicin! Avanti, Ardito! FIAMME NERE avanguardia di morte, siam vessillo di lotte e do orror, siamo l'orgoglio mutato in corte, per difender d'Italia l'onor. Avanti, Ardito! Una stella ci guida: la sorte! E ci avvincon, tra fiamme d'amor, tre parole di Fede e di morte: il pugnale, la bomba ed il cuor!... Avanti, Ardito!