mercoledì 29 agosto 2012

Milano: conferenza del Prof. Alberto Mariantoni.

La S.V. Illustrissima è invitata alla presentazione del libro di Alberto B. Mariantoni « Le storture del male assoluto » I “crimini” fascisti che hanno fatto grande l’Italia Herald Editore – Roma Giovedì 13 Settembre 2012 – ore 17:30 Presso la Libreria Ritter Via Maiocchi 28 (angolo Viale Abruzzi), Milano Mezzi pubblici: Linea 92; Linea 60 Tram (a circa 300 metri): N. 23; N. 33; N. 11 Metropolitana Rossa (MM1) – a circa 500 metri – Fermata Lima

domenica 26 agosto 2012

JUNIO VALERIO BORGHESE

26 Agosto 1974 – In ricordo di Junio Valerio Borghese Nacque in una delle famiglie più blasonate della nobiltà capitolina il 6 giugno del 1906 ad Artena in provincia di Roma. Di antiche origini senesi , con tre cardinali, un Papa e la sorella di Napoleone Bonaparte fra i suoi rami araldici. Visse nei primi anni di vita in viaggio fra l’Italia e le principali capitali estere, soggiornando in Cina, Egitto, Spagna, Francia e Gran Bretagna. In Italia trascorse per lo più il suo tempo a Roma e ai Castelli Romani. Sposò a Firenze, il 30 settembre del 1931, la russa contessa Olsoufiev Schouvalov, da cui ebbe quattro figli. Attratto dalla vita militare, nel 1922 venne ammesso ai corsi della Regia Accademia Navale, dalla quale uscì nel 1928 con il grado di guardiamarina; dovette comunque attendere quasi un anno per avere il suo primo imbarco, sull’incrociatore Trento. Nel 1930 venne promosso sottotenente di vascello e imbarcato su una delle torpediniere operanti in Adriatico. L’anno successivo frequentò il corso superiore dell’Accademia Navale, e nel 1932 venne trasferito ai sommergibili. Dopo aver frequentato il corso di armi subacquee, nel 1933, promosso Tenente di vascello, venne imbarcato dapprima sulla Colombo, quindi sulla Titano. Nonostante avesse nel frattempo conseguito i brevetti di palombaro normale e di grande profondità, fu solo nel 1935 che ricevette il primo incarico di sommergibilista, partecipando alla guerra d’Etiopia, dapprima imbarcato a bordo del sommergibile Tricheco, successivamente del Finzi. Nel 1937 assunse, infine, il primo comando. Con il sommergibile Iride prese parte alla guerra civile spagnola. In quell’occasione il sommergibile fece parte ufficialmente della flotta nazionale spagnola. In seguito all’esperienza della guerra civile spagnola venne decorato l’8 aprile del 1939 della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per l’elevato spirito offensivo e le solide qualità professionali dimostrate nel corso delle operazioni. Trasferito successivamente presso la base di Lero, nel Dodecaneso, vi rimase fino all’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno del 1940. Nelle prime fasi del conflitto, come Comandante del sommergibile Vittor Pisani, prese parte alla battaglia di Punta Stilo e a una serie di falliti tentativi di forzare il porto di Gibilterra, tra il settembre e l’ottobre del 1940. Promosso Capitano di corvetta, nel 1941 venne designato alla Decima Flottiglia Mas, dove assunse gli incarichi di Comandante del sommergibile Scirè e di capo del reparto subacqueo. Anche con il suo contributo vennero pianificati e realizzati i progetti per il forzamento delle rade di Gibilterra e Alessandria, per questo nominato Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. In seguito alla prima riuscita azione su Gibilterra, il 2 gennaio del 1941 gli viene conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, Junio Valerio Borghese, costituì un reparto di volontari denominato Decima Mas, riuscendo a concludere, il 14 settembre, un accordo con Max Berninghaus, comandante navale delle forze del Terzo Reich in Liguria, con il quale la neonata flottiglia venne riconosciuta quale unità combattente con piena autonomia in campo logistico, organico, della giustizia, disciplinare e amministrativo e battente bandiera italiana. Alla nascita, pochi giorni dopo, della Repubblica Sociale Italiana, la Decima Mas fu inserita nell’organico della Marina Nazionale Repubblicana, sebbene essa agisse di fatto in maniera del tutto autonoma. Nonostante i contrasti con i vertici politici e militare della Repubblica Sociale Italiana, le sue forze furono impegnate su tutti i fronti più importanti, a partire da quello di Anzio e di Nettuno. Il regolamento della Decima Mas prevedeva la totale uguaglianza fra ufficiali e truppa, promozioni guadagnate solo sul campo, pena di morte per i Marò colpevoli di furto, saccheggio, diserzione o vigliaccheria di fronte al nemico. I militari della Decima Mas furono tutti volontari, provenienti dalle più diverse armi delle Forze Armate Repubblicane. Non si registrò mai un calo del numero di volontari e infatti si costituirono numerosi corpi di fanteria di marina, il tutto anche in virtù della popolarità che Junio Valerio Borghese riscuoteva fra le masse. L’attività della Decima Mas non si limitò alle incursioni navali contro le forze nemiche, ma si estese alla costituzione di reparti di terra che assunsero al termine del conflitto le dimensioni di una vera e propria divisione di fanteria leggera. Tuttavia a causa dell’opposizione tedesca la Divisione Decima Mas non poté mai entrare in azione come unità organica, ma fu frazionata in battaglioni usati dai comandi tedeschi sul fronte della Linea Gotica e poi del Senio. Una parte della Divisione era pronto per muovere sul confine orientale, per difendere Trieste e Fiume dall’avanzata degli jugoslavi, ma fu bloccato prima dai tedeschi e poi dalla svolta rappresentata dalla Liberazione nell’aprile del 1945. A partire dal 1944 la Decima Mas fu impiegata anche in attività antipartigiane e rastrellamenti di civili nelle zone dove agivano i partigiani. Gli ultimi reparti della divisione, decimati dagli attacchi inglesi, si arresero a nord di Schio, in Veneto, il 2 maggio del 1945. Al termine del conflitto, dopo lo scioglimento formale della Decima Mas il 26 aprile del 1945 in piazzale Fiume a Milano, Junio Valerio Borghese fu preso in consegna dalla polizia partigiana. In seguito, l’11 maggio fu trasferito a Roma, dove trascorse un breve periodo prima di essere ufficialmente arrestato dalle autorità americane il 19 maggio per essere trasferito nel carcere di Cinecittà. Rilasciato in ottobre, venne nuovamente arrestato dalle autorità italiane e trasferito da un luogo di detenzione all’altro, in attesa dell’inizio del processo. Il 17 febbraio del 1949, ritenuto colpevole solo del reato di collaborazionismo con i tedeschi, venne formalmente condannato a dodici anni di detenzione ma, in seguito all’applicazione di una serie di condoni e riduzioni di pena, fu subito scarcerato. Nel dopoguerra Junio Valerio Borghese aderì al Movimento Sociale Italiano, di cui fu nominato presidente onorario nel 1951. Inizialmente appoggiò Giorgio Almirante, poi abbandonò il partito, che giudicava troppo debole, si avvicinò alla destra extraparlamentare e nel settembre del 1968 fondò il Fronte Nazionale. Intanto nel 1963, aveva ottenuto l’incarico puramente onorario di presidente del Banco di Credito Commerciale e Industriale. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 promosse un colpo di stato, avviato e poi interrotto, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale, paramilitari appartenenti a formazioni dell’estrema destra e di numerosi alti ufficiali delle forze armate e funzionari ministeriali. In seguito al fallimento del golpe, Junio Valerio Borghese si rifugiò in Spagna dove, non fidandosi della giustizia italiana che nel 1973 revocò l’ordine di cattura, rimase fino alla morte, avvenuta in circostanze sospette a Cadice, il 26 agosto del 1974. Lo stesso anno Junio Valerio Borghese era stato in Cile con Stefano Delle Chiaie, per incontrare il Generale Augusto Pinochet e il capo della polizia segreta cilena, Jorge Carrasco. Fu sepolto nella cappella di famiglia, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@inwind.it

ETTORE MUTI

24 Agosto 1943 – In ricordo di Ettore Muti. Nacque a Ravenna il 22 maggio del 1902, figlio di una casalinga e di un impiegato dell’anagrafe, all’età di tredici fu espulso da tutte le scuole del Regno per aver colpito a pugni un professore. Non si scompone molto per questa sanzione ed a quattordici anni fuggì di casa per arruolarsi come volontario nella Prima Guerra Mondiale, ma i carabinieri lo respinsero. L’anno seguente ritentò, riuscendo ad entrare negli Arditi. Al fronte si distinse per l’audacia e le imprese spericolate compiute. Si rese famoso quando il reparto di ottocento uomini al quale apparteneva fu mandato a formare una testa di ponte sulla riva di un fiume da attraversare, il gruppo riuscì nell’impresa ma, all’arrivo dei rinforzi, degli ottocento uomini iniziali rimasero soltanto ventitre, tra i quali Ettore Muti. Fu perciò proposto per la Medaglia d’Oro al Valor Militare, ma Ettore Muti rifiutò poiché sotto falso nome in quanto minorenne. I superiori insospettiti lo rispediranno a casa dopo averne verificato la vera identità. Gabriele D’Annunzio coniò per lui l’appellativo di «Gim dagli occhi verdi» durante l’Impresa di Fiume, alla quale Ettore Muti partecipò con entusiasmo. Durante l’esperienza fiumana incontrò Benito Mussolini, del quale rimane subito affascinato. Rientrato da Fiume, Ettore Muti entrò a far parte dei Fasci di Combattimento, comandando diverse azioni e subendo alcuni arresti. Il 29 ottobre del 1922 fu alla testa dei fascisti che occuparono la Prefettura di Ravenna, durante le operazioni svoltesi sul territorio nazionale contemporaneamente alla Marcia su Roma. Con l’istituzionalizzazione delle squadre d’azione, Ettore Muti iniziò la carriera nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, corpo creato per inquadrare le squadre fasciste. Nel 1923 fu comandante della coorte di Ravenna e nel 1925 divenne Console. La sua vita fu sempre spensierata ed irrequieta: organizzava feste, frequentava belle donne, guidava auto sportive, sfrecciava con la sua Harley Davidson nelle campagne romagnole e romane. Nel settembre 1926 si sposò con Fernanda Mazzotti, figlia di un banchiere. Nel 1929 nacque l’unica figlia, Diana. Il 13 settembre del 1927 Ettore Muti subì un attentato nella piazza principale di Ravenna. Un bracciante, Lorenzo Massaroli, gli sparò due volte al braccio e all’inguine. L’attentatore fu ucciso sul posto dal federale Renzo Morigi. Dopo una degenza in ospedale, Ettore Muti, fu trasferito a Trieste dove comandò la terza legione della milizia portuale e conobbe il Duca Amedeo d’Aosta, che lo convinse ad entrare nella neonata Regia Aeronautica. Non integrandosi perfettamente a Trieste ed entusiasmatosi per la nuova avventura, accettò l’offerta di buon grado. L’arma azzurra fu la svolta decisiva. Ettore Muti si appassionò subito del volo e, pur di entrare in aeronautica, accettò il declassamento al grado di Tenente. Durante la guerra d’Etiopia si mise subito in luce, nonostante l’assenza di aviazione avversaria, ricevendo due Medaglie d’Argento. Nelle fasi finali del conflitto entrò nella squadriglia Disperata con Galeazzo Ciano, Roberto Farinacci ed Alessandro Pavolini. Nel 1936 tornò in Italia accolto da eroe, ma partì nuovamente poco dopo per partecipare, con lo pseudonimo di “Gim Valeri”, alla Guerra di Spagna. Nel conflitto guidò la sua squadriglia bombardando i porti delle città controllate dai repubblicani. Per queste missioni fu decorato con varie Medaglie d’Argento e, nel 1938, con una Medaglia d’Oro. Dalla Spagna tornò con il soprannome di battaglia di “Cid alato” e con l’ulteriore onorificenza dell’Ordine Militare di Savoia. Nel 1939 partecipò all’Invasione dell’Albania al comando di truppe motorizzate e lì, nonostante la scarsa opposizione, ricevette un’altra Medaglia che ottenendo la definizione di “il più bel petto d’Italia”. Tornato dall’Albania, divenne, su proposta di Galeazzo Ciano, Segretario del Partito Nazionale Fascista. In quella veste, pur godendo di grandi poteri, non si trovò a suo agio e fu inviato al fronte con il grado di Tenente Colonnello. Combatté prima in Francia e poi nei cieli d’Inghilterra con grande valore. Nell’estate del 1943 entrò nel piccolo Servizio Informazioni Aeronautica, un servizio segreto militare interno all’arma. Il 25 luglio, giorno della caduta di Benito Mussolini, Ettore Muti si trovava in Spagna per cercare di recuperare per conto del Servizio Informazioni Aeronautica un radar da un aereo americano precipitato. Rientrò a Roma il 27 luglio per ritirarsi in una villetta presa in affitto a Fregene, in via della Palombina dodici. Il 10 agosto un rapporto dei carabinieri inviato a Badoglio indicava in Ettore Muti il comandante o almeno uno dei partecipanti ad un progetto di insurrezione per la restituzione a Benito Mussolini della guida della nazione. La notte tra il 23 e il 24 agosto del 1943 il Tenente dei carabinieri Taddei si presentò presso la dimora Muti con una decina di uomini per l’arresto. Durante il trasporto in caserma, dal bosco furono sparati alcuni colpi di fucile colpendo a morte proprio Ettore Muti. L’episodio non fu mai chiarito e nemmeno chi sparò. Cosa strana l’unico ad essere raggiunto dai colpi fu Ettore Muti, il cui berretto, recuperato dalla famiglia, recava due fori di proiettile sparati a distanza ravvicinata: uno sulla parte posteriore, in corrispondenza della nuca, l’altro davanti, che attraversa la visiera. Diverse altre circostanze confermarono la tesi dell’esecuzione politica del personaggio scomodo, definito da Badoglio “una minaccia” in una lettera spedita poco prima, il 20 agosto del 1943, al Capo della Polizia Carmine Senise. Badoglio ammise di aver scritto il biglietto, ma sostenne che non fu mai recapitato. Dopo l’armistizio la figura di Ettore Muti fu ampiamente celebrata nella Repubblica Sociale Italiana e a lui furono intitolate: la Squadra di Bombardamento Ettore Muti, reparto dell’Aviazione Nazionale Repubblicana, che effettuò solo una limitata attività addestrativa; il battaglione Ettore Muti della Brigata Nera Mobile Achille Corrao, nel ravennate e infine la Legione Autonoma Mobile Ettore Muti, corpo costituitosi a Milano il 14 settembre del 1943 e impegnato principalmente in attività di repressione della Resistenza partigiana. Fu seppellito nel cimitero di Ravenna. Ancora oggi Ettore Muti detiene il record mondiale di ore di volo in guerra e quello italiano per le medaglie conquistate in azioni di guerra. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@inwind.it